martedì 21 dicembre 2010

Caro Babbo Natale...

Provate a scrivere nei commenti una vostra letterina a Bn.

Intanto auguri

domenica 5 dicembre 2010

Habemus geographiam!

Finalmente i materiali di Geogreafia per l'interrogazione di venerdì. Li trovate nel blog in basso a destra nel menu di Geografia.
Buon lavoro

giovedì 2 dicembre 2010

Un omaggio a Monicelli

Che poi potrebbe anche essere una metafora del rapporto tra docente e alunni...

giovedì 18 novembre 2010

Sondaggio

Rispondete al sondaggio che trovate sulla destra in alto.
Subito!
Tutti!

A domani

Il professore

martedì 16 novembre 2010

Parole longobarde

Ho aggiunto dei link nel menu di storia. Grazie a Torlasco E., Tolasco G. e a Kotlar.
Grazie poi a Ginevra di cui allego qui la mail:

"Lingua germanica del gruppo occidentale, estintasi verso il sec. X, di cui esiste solo una documentazione indiretta rappresentata da parole longobarde sparse in testi redatti in latino medievale durante la dominazione longobarda in Italia: si tratta di leggi longobarde (Editto di Rotari, leggi di Grimoaldo, leggi di Liutprando), di documenti notarili e di opere storiche fra le quali si distingue per importanza l'Historia Langobardorum di Paolo Diacono (sec. VIII). Da questi documenti si possono ricavare circa ottanta parole longobarde e numerosi nomi propri di persone e di luoghi: frequenti in questi testi sono le parole faida, che sopravvive anche in italiano, fara (stirpe, famiglia), che designava anche il territorio assegnato a una stirpe e in questo senso sopravvive in numerosi toponimi italiani come Fara d'Adda, Fara Novarese, Fara Olivana. La fonte più cospicua per la conoscenza del lessico longobardo è rappresentata dalle numerose parole, ca. 300, penetrate nella lingua e nei dialetti italiani: sono di origine longobarda vocaboli come stamberga (dal longobardo stainberga, propr. casa di pietra), balcone, palco, palla, strale. "


lunedì 15 novembre 2010

Beppe Fenoglio



Over the raimbow nella versione originale di

Judy Garland e in quella meravigliosa di IZ.

Se poi volete sapere chi è IZ, eccolo.


Questo è il testo:

Somewhere over the rainbow Way up highAnd the dreams that you dreamed ofOnce in a lullabySomewhere over the rainbowBlue birds flyAnd the dreams that you dreamed ofDreams really do come trueSomeday I'll wish upon a starWake up where the clouds are far behind meWhere trouble melts like lemon dropsHigh above the chimney tops thats where you'll find meSomewhere over the rainbow bluebirds flyAnd the dreams that you dare to, oh why, oh why can't I?Well I see trees of green andRed roses too,I'll watch them bloom for me and youAnd I think to myselfWhat a wonderful worldWell I see skies of blue and I see clouds of whiteAnd the brightness of dayI like the dark and I think to myselfWhat a wonderful worldThe colors of the rainbow so pretty in the skyAre also on the faces of people passing byI see friends shaking handsSaying, "How do you do?" They're really saying, I love youI hear babies cry and I watch them grow, They'll learn much more thanWe'll knowAnd I think to myselfWhat a wonderful worldSomeday I'll wish upon a star,Wake up where the clouds are far behind meWhere trouble melts like lemon dropsHigh above the chimney top thats where you'll find meSomewhere over the rainbow way up highAnd the dreams that you dare to, oh why, oh why can't I?

martedì 9 novembre 2010

Altra pagina di link

In "Altre materie" trovate 417 paradigmi greci.

Ciao

lunedì 8 novembre 2010

Ecco il teatro

Come vedete ho aggiuno una voce al menu delle materie.
Buona lettura

giovedì 4 novembre 2010

mercoledì 6 ottobre 2010

Turchia

Ecco il ritorno del sultano

mercoledì 22 settembre 2010

Ancora geografia

In basso a destra trovate due documenti sul trattato di Lisbona.
Buon lavoro

Il professore

venerdì 17 settembre 2010

martedì 8 giugno 2010

Aggiornamenti di geografia

Ringrazio Matteo Raccone, Agnese, Caterina, Elisa e Davide per le ricerche.
Nel menu di geografia trovate alcuni link.

Buon lavoro

sabato 29 maggio 2010

Foto di classe

Eccovi qua.

Mi chiedo: quelli, che, al momento della foto, avevano al livello degli occhi la testa di un altro, come potevano pensare di essere immortalati in modo da essere almeno riconoscibili ad un esame che non fosse quello della polizia scientifica?
Racconeee!!!

Per chi non fosse contento della prima ecco la seconda

domenica 16 maggio 2010

Il migliore e il peggiore

Movimentiamo un po' questo mortotio di blog.
Vi chiedo di indicare il miglio e il peggiore tra i libri letti per la scuola e di motivare la vostra scelta.
Vi basterà scrivere un commento a questo post e poi seguire questo formato:

Il migliore: [titolo libro]

Motivazione: [con parole vostre ma cercando di formulare un giudizio che tenga conto degli aspetti
più significativi che vi hanno condotto a questa scelta. Evitare: mi è piaciuto di più e simili].

Il peggiore: [titolo libro]

Motivazione: ...

Attendo i vostri pareri

Aggiornamento blog

Se guardate in basso a destra trovate una sezione dedicata agli squilibri di genere. Ci sono dei link a varie fonti (la più interessante e ricca è quella dell'Istat) che mi sono state segnalate da Kotlar, Raccone e Rossetti (in ordine alfabetico) che qui ringrazio.

Nella sezione di italiano trovate invece gli articoli da voi scritti nel compito in classe e ben tre documenti con la correzione e gli esercizi su "I topi" di Buzzati.

Leggeteli con attenzione; confrontate i vostri lavori con quelli dei compagni più performanti; preparatevi bene perchè l'analisi del testo di giovedì sarà sul genere fantastico (da ripassare quindi la teoria e i racconti letti) e in particolare su Buzzati di cui vi farò avere qualche nota biografica

mercoledì 12 maggio 2010

Compito per venerdì

Ecco il compito per venerdì.
Stampate il testo e sottolineate le parti che vi ho indicato.
Se potete la parte scritta me la inviate via mail. Se no me la portate a scuola su cartaceo.
Buon lavoro.

Il professore

mercoledì 28 aprile 2010

Roma. Le colonie. gli alleati, i municipia

Con un po' di ritardo ecco la carta tematica promessa.


Il professore

domenica 25 aprile 2010

Struttura dell'Odissea

Eccovi qui la fabula e l'intreccio dell'Odissea.
Divertitevi ma non troppo

Il professore

mercoledì 14 aprile 2010

Questione di scala

Eccovi la raccolta dei vostri riassunti (di quanti me l'hanno spedito).

Buona lettura

lunedì 15 marzo 2010

Materiali su Alessandro Magno

Vi segnalo alcuni materiali di autori che in epoche diverse e con diversi gradi di arte hanno celebrato la figura di Alessandro.
In ordine trovate:
1. Alexandros di Giovanni Pascoli;
2. "Alessandro e il mare", "Canzone per Sergio" e "l'ultimo spettacolo" di Roberto Vecchioni
3. Iron Maden, Alexander the Great (by Raccone che ringrazio)
4. Le fonti storiche antiche (da Wikipedia)

Una nota necessita per le canzoni di Vecchioni: mentre nella prima è esplicito il riferimento ad Alessandro, nelle altre ci sono alcuni passaggi allusivi che vi sfido a trovare.
Attenti: se parte in automatico la musica di "Canzone per Sergio" scendete nel post e trovate un piccolo box di Dada: in questo clikkate sula pausa e si interrompe magicamente.

Buon ascolto

1. Pascoli
I
- Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell'aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla,
o Pezetèri: errante e solitaria
terra, inaccessa. Dall'ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria,
l'ultimo fiume Oceano senz'onda.
O venuti dall'Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda
dentro la notte fulgida del cielo.

II
Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorìo, che resta.
Montagne che varcai! dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidïate.
Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:
il sogno è l'infinita ombra del Vero.

III
Oh! più felice, quanto più cammino
m'era d'innanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti
notturno il campo, con le mille schiere,
e i carri oscuri e gl'infiniti armenti.
A Pella! quando nelle lunghe sere
inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole; il sole che tra selve nere,
sempre più lungi, ardea come un tesoro.

IV
Figlio d'Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l'auleta:
soffio possente d'un fatale andare,
oltre la morte; e m'è nel cuor, presente
come in conchiglia murmure di mare.
O squillo acuto, o spirito possente,
che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l'Oceano, il Niente...
e il canto passa ed oltre noi dilegua. -

V
E così, piange, poi che giunse anelo:
piange dall'occhio nero come morte;
piange dall'occhio azzurro come cielo.
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell'occhio nero lo sperar, più vano;
nell'occhio azzurro il desiar, più forte.
Egli ode belve fremere lontano,
egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell'immenso piano,
come trotto di mandre d'elefanti.

VI
In tanto nell'Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.
A tarda notte, tra le industri ancelle,
torcono il fuso con le ceree dita;
e il vento passa e passano le stelle.
Olympiàs in un sogno smarrita
ascolta il lungo favellìo d'un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita
le grandi quercie bisbigliar sul monte.

Pascoli, Poemi conviviali, Alexandros

2. Vecchioni
Roberto Vecchioni, Alessandro e il mare
Album: Milady (1989)

Il tramonto era pieno di soldati ubriachi di futuro
fra i dadi le bestemmie e il sogno di un letto più sicuro;
ma quando lui usciva dalla tenda non osavano
nemmeno guardare:
sapevano che c'era la sua ombra sola davanti al mare.
Poi l'alba era tutta un fumo di cavalli,
gridi e risate nuove;
dove si va, passato il Gange,
Generale, parla, dicci solo dove:
e lui usciva dalla tenda bello come la mattina il sole:
come in una lontana leggenda,
perduta chissà dove...

tornava bambino,
e tornava bambino,
quando stava da solo a giocare nei viali
di un immenso giardino;
la fontana coi pesci
dai riflessi d'argento,
che poteva soltanto guardarla,
mai buttarcisi dentro.

Non un capello fuori posto
mentre entrava a cavallo nel mare,
e il cuore, il cuore gli batteva addosso
come a una donna che si va a sposare;
e tutti lo seguirono cantando
senza nemmeno sospettare,
e gli andarono dietro contenti
di dover annegare.

tornava bambino,
e tornava bambino,
quando stava da solo a giocare nei viali
di un immenso giardino;
la fontana coi pesci
dai riflessi d'argento
che poteva solo guardarla
mai buttarcisi dentro.

E mentre si voltava indietro
non aveva niente da vedere;
e mentre si guardava avanti
niente da voler sapere;
ma il tempo di tutta una vita
non valeva quel solo momento:
Alessandro, così grande fuori,
così piccolo dentro.




Roberto Vecchioni, L'ultimo spettacolo
Album: Samarcanda 1977

Ascolta,
ti ricordi quando venne
la nave del fenicio a portar via
me, con tutta la voglia di cantare
gli uomini, il mondo, e farne poesia...
Con l'occhio azzurro io ti salutavo
con quello blu io già ti rimpiangevo
e l'albero tremava e vidi terra,
i greci, i fuochi e l'infinita guerra...

Li vidi ad uno ad uno
mentre aprivano la mano
e mi mostravano la sorte
come a dire: "Noi scegliamo,
non c'è un dio che sia più forte".
E l'ombra nera che passò
ridendo ripeteva: "no..."

Ascolta,
ero partito per cantare
uomini grandi dietro grandi scudi
e ho visto uomini piccoli ammazzare
piccoli, goffi, disperati e nudi...
Laggiù conobbi pure un vecchio aedo
che si accecò per rimaner nel sogno
con l'occhio azzurro invece ho visto e vedo,
con l'occhio blu mi volto e ti ricordo...

Ma tu non mi parlavi
e le mie idee come ramarri
ritiravano la testa dentro il muro
quando è tardi
perché è freddo, perché è scuro
e mille solitudini
e i buchi per nascondersi...

Ho visto fra le lampade un amore:
e lui che fece stendere sul letto
l'amico con due spade dentro il cuore,
e gli baciò piangendo il viso e il petto...
E son tornato per vederti andare
e mentre parti e mi saluti in fretta
fra tutte le parole che puoi dire
mi chiedi: "Me la dai una sigaretta?"

Io di Muratti, mi dispiace, non ne ho
il marciapiede per Torino, sì lo so
ma un conto è stare a farti un po' di compagnia,
altro aspettare che il treno vada via:
perché t'aiuto io ad andare non lo sai,
sì, questo a chi si lascia non succede mai,
ma non ti ho mai considerata roba mia,
io ho le mie favole, e tu una storia tua.

Ma tu non mi parlavi
e le mie idee come ramarri
ritiravano la testa
dentro il muro, quando è tardi
perché è freddo, perché è scuro...
E ancora solitudini
e buchi per nascondersi...

E non si è soli quando un altro ti ha lasciato,
si è soli se qualcuno non è mai venuto
però scendendo perdo i pezzi per le scale
e chi ci passa su non sa di farmi male:
ma non venite a dirmi
adesso lascia stare
o che la lotta deve continuare
perché se questa storia fosse una canzone
con una fine mia
tu non andresti via.




Roberto Vecchioni, Canzone per Sergio
Album: Samarcanda 1977


Il ladro di cavalli non era lui,
ma fu impiccato per comodità
e l'uomo di profilo non si bastò
partì cercando l'altra sua metà
il capitano Achab non torna più
dal viaggio contro l'impossibile...
Oh Sergio, non ho tempo di scriverti,
ma, d'altra parte, non ti ho scritto mai
e come ti potevo sorridere?
Erano stati tutti amici miei.

A volte sentono che bussano:
non è niente, niente, niente;
non sono loro che tornano:
solo vento, vento, vento...
Ne avrò di tempo per amare
prima che entri lei?

Il grande orologiaio non passa più
e gli orologi li aggiustiamo noi;
adesso costruiamo le macchine,
vedessi, come sono belle, sai;
a volte c'incontriamo sugli argini,
e ci contiamo, e manchi sempre tu...
Oh, Sergio, non ho tempo di scriverti,
ma d'altra parte non ti ho scritto mai,
oh, sì, di cose qui ne succedono
ma ci illudiamo d'inventarle noi

Siamo un passaggio di allodole:
con un colpo andiamo giù;
mentre cerchiamo di scegliere
se volare a nord o a sud...
E gli anni indietro, e gli anni ,Sergio,
e quando c'eri tu...

Il tempo mischia bene le bibite
gli imperativi e quel che mando giù
qualcuno vede ancora negli occhi miei
quel che gli specchi non rifletton più:
si spezza la collana, le idee van gi&ugrve;,
stan rotolando un po' di qua e di là
e tutti a dirmi come raccoglierle,
non c'è nessuno qui che non lo sa;
non riesco a immaginarmi di vivere
illuminato dalla verità,
la risposta nel vento dov'è, dov'è?
Sarà la stessa per ognuno di noi?
Oh , Sergio, non ho tempo di scriverti,
ma un giorno o l'altro mi rincontrerai.

Ci appoggeremo sui gomiti
quando il sole viene giù,
mi accadrà di sorridere,
come non speravo più...
E l'occhio azzurro avrà un momento
uguale all'occhio blu...




3. Iron Maden, The song for the Alexander the Great (1986)




testo:

"My son, ask for thyself another kingdom,



For that which I leave is to small for thee."


Near to the East, in a part of ancient Greece,

In an ancient land called Macedonia,

Was born a son to Philip of Macedon,

The legend his name was Alexander.


At the age of nineteen, he became the Macedon king,

And swore to free all of Asia Minor,

By the Aegian Sea in 334 BC,

He utterly beat the armies of Persia.


Chorus:

Alexander the Great,

His name struck fear into hearts of men,

Alexander the Great,

Became a legend 'mongst mortal men.


King Darius the third, Defeated fled Persia,

The Scythians fell by the river Jaxartes,

Then Egypt fell to the Macedon king as well,

And he founded the city called Alexandria.


By the Tigris river, he met King Darius again,

And crushed him again in the battle of Arbela,

Entering Babylon and Susa, treasures he found,

Took Persepolis, the capital of Persia.


Chorus:

Alexander the Great,

His name struck fear into hearts of men,

Alexander the Great,

Became a god amongst mortal men.


A Phrygian King had bound a chariot yoke,

And Alexander cut the "Gordion knot",

And legend said that who untied the knot,

He would become the master of Asia.


Helonism he spread far and wide,

The Macedonian learned mind,

Their culture was a western way of life,

He paved the way for Christianity.


Marching on, Marching on.


The battle weary marching side by side,

Alexander's army line by line,

They wouldn't follow him to India,

Tired of the combat, pain and the glory.


Chorus:

Alexander the Great,

His name struck fear into hearts of men,

Alexander the Great,

He died of fever in Babylon


traduzione:
Mio figlio chiederà per te un altro regno,
Perchè quello che gli lascerò
Sarà troppo piccolo per te

Vicino ad est
In una zona della Grecia antica
In una antica terra chiamata Macedonia
Nacque una figlio
A Filippo di Macedonia
La leggenda vuole che il suo
Nome fosse Alessandro

All'età di diciannove anni
Divenne il re di Macedonia
E giurò di liberare tutta l'Asia Minore
E sul mare Egeo, nel 334 a.C.
Sconfisse completamente gli eserciti persiani

Alessandro il Grande
Il suo nome terrorizzava il cuore degli uomini
Alessandro il Grande
Divenne una leggenda tra i comuni mortali

Re Dario III
Sconfitto, lasciò la Persia
Gli Sciti caddero sul fiume Jaxartes
E cadde anche l'Egitto sotto il re macedone
E lui fondò la città chiamata Alessandria

Sul fiume Tigri
Incontrò ancora Dario
E nuovamente lo schiacciò
Nella battaglia di Arbela
Entrando il Babilonia e in Susa, trovò tesori
Prese anche Persepoli, la capitale della Persia

Alessandro il Grande
Il suo nome terrorizzava il cuore degli uomini
Alessandro il Grande
Divenne una leggenda tra i comuni mortali

Un re della Frigia aveva legato un giogo al carro
E Alessandro tagliò il "Nodo Gordiano"
E la leggenda diceva che
Chi avrebbe sciolto il nodo
Sarebbe diventato il signore dell'Asia

Fece diffondere l'Ellenismo in lungo e in largo
I Macedoni studiarono la mente
La loro cultura fu uno stile di vita occidentale
Spianò la strada al Cristianesimo

Marciando, marciando.

Sfiniti dalla guerra, marciando fianco a fianco
I combattenti di Alessandro in fila
Non lo vollero seguire fino all'India
Stanchi del combattimento,
Del dolore e della gloria

Alessandro il Grande
Il suo nome terrorizzava il cuore degli uomini
Alessandro il Grande
Morì di febbre in Babilonia.

4. Fonti storiche antiche

Le fonti storiche su Alessandro sono piuttosto numerose. Conosciamo l'esistenza di resoconti del suo storico di corte Callistene, del suo generale Tolomeo e del suo architetto militare Aristobulo, oltre che, poco dopo, di Clitarco di Alessandria, i quali sono andati perduti.

I principali storici che successivamente trattarono delle sue vicende sono:

* Flavio Arriano, storico di Nicomedia (Anabasis Alexandri, ovvero Le campagne di Alessandro, scritto in greco e di carattere prevalentemente militare);
* Quinto Curzio Rufo, storico romano (Historiae Alexandri Magni Macedonis, biografia di Alessandro in dieci libri, mutila dei primi due, in cui l'autore traccia un ritratto non privo di ombre del re macedone assieme alla successiva vicenda dei Diadochi);
* Plutarco di Cheronea, storico greco (Vita Alexandri e due orazioni De Alexandri fortuna e De Alexandri virtute);
* Diodoro Siculo, storico greco (i libri dal XVII al XXI della sua Bibliothekè Historikè coprono le conquiste di Alessandro e la successiva storia dei Diadochi);
* Giustino, storico romano, ci ha invece lasciato un'epitome (o "riassunto") della storia universale di Pompeo Trogo (Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi Libri XLIV).
* Paolo Orosio, storico latino cristiano (Historiarum adversos paganos Libri VII, nelle quali tratta ampiamente di Alessandro nel libro III, tracciandone un ritratto complessivamente negativo).

lunedì 8 marzo 2010

L'epitafio di Pericle per i caduti del primo anno della guerra del Peloponneso. Ovvero: cos'è la democrazia

Quello che state per leggere è un estratto del discorso di Pericle tratto da "La guerra del Peloponneso" di Tucidide. I tagli e le parole evidenziate sono una mia scelta che vuole sottolineare i passaggi più significativi e noti. Tra i documenti della sezione storica trovate sia il testo integrale del discorso che il dialogo tra gli emissari di Atene e gli abitanti dell'isola di Melo che abbiamo letto in classe.
Sono due facce della stessa medaglia, tanto per volare basso nei luoghi comuni.

Tucidide: L’encomio di Pericle
Pericle parla agli Ateniesi
"[...]
Siamo all’inizio della guerra del Peloponneso – Atene è al massimo della sua potenza –; alla fine del primo anno Pericle commemora, secondo la tradizione della città, i caduti ateniesi. Con grande maestria Tucidide utilizza questa occasione per far comprendere al lettore come gli Ateniesi “vivevano” l’éthos della loro città.

Tucidide, Storie, II, 34-36

4 (37) Noi abbiamo una forma di governo che non guarda con invidia le costituzioni dei vicini, e non solo non imitiamo altri, ma anzi siamo noi stessi di esempio a qualcuno. Quanto al nome, essa è chiamata democrazia, poiché è amministrata non già per il bene di poche persone, bensí di una cerchia piú vasta: di fronte alle leggi, però, tutti, nelle private controversie, godono di uguale trattamento; e secondo la considerazione di cui uno gode, poiché in qualche campo si distingue, non tanto per il suo partito, quanto per il suo merito, viene preferito nelle cariche pubbliche; , d’altra parte, la povertà, se uno è in grado di fare qualche cosa di utile alla città, gli è di impedimento per l’oscura sua posizione sociale.
5 Come in piena libertà viviamo nella vita pubblica cosí in quel vicendevole sorvegliarsi che si verifica nelle azioni di ogni giorno, noi non ci sentiamo urtati se uno si comporta a suo gradimento, né gli infliggiamo con il nostro corruccio una molestia che, se non è un castigo vero e proprio, è pur sempre qualche cosa di poco gradito.
6 Noi che serenamente trattiamo i nostri affari privati, quando si tratta degli interessi pubblici abbiamo un’incredibile paura di scendere nell’illegalità: siamo obbedienti a quanti si succedono al governo, ossequienti alle leggi e tra esse in modo speciale a quelle che sono a tutela di chi subisce ingiustizia e a quelle che, pur non trovandosi scritte in alcuna tavola, portano per universale consenso il disonore a chi non le rispetta.
12 (40) Noi amiamo il bello, ma con misura; amiamo la cultura dello spirito, ma senza mollezza. Usiamo la ricchezza piú per l’opportunità che offre all’azione che per sciocco vanto di parola, e non il riconoscere la povertà è vergognoso tra noi, ma piú vergognoso non adoperarsi per fuggirla.
13 Le medesime persone da noi si curano nello stesso tempo e dei loro interessi privati e delle questioni pubbliche: gli altri poi che si dedicano ad attività particolari sono perfetti conoscitori dei problemi politici; poiché il cittadino che di essi assolutamente non si curi siamo i soli a considerarlo non già uomo pacifico, ma addirittura un inutile.
14 Noi stessi o prendiamo decisioni o esaminiamo con cura gli eventi: convinti che non sono le discussioni che danneggiano le azioni, ma il non attingere le necessarie cognizioni per mezzo della discussione prima di venire all’esecuzione di ciò che si deve fare.
17 (41) In una parola, io dico che non solo la città nostra, nel suo complesso, è la scuola dell’Ellade, ma mi pare che in particolare ciascun Ateniese, cresciuto a questa scuola, possa rendere la sua persona adatta alle piú svariate attività, con la maggior destrezza e con decoro, a se stesso bastante."
[...]


Qui sotto invece trovate un audio.
Premessa: il pezzo è rivolto contro una parte politica e in particolare contro un noto personaggio politico. Vi prego di decontestualizzare dall'attualità politica italiana e di considerare invece come un discorso, alato e potente, abbia la forza di attraversare i millenni e gli uomini e di mantenere la sua forza e la sua grandezza.



Se non parte l'audio provate il player sotto

giovedì 4 marzo 2010

martedì 2 marzo 2010

Materiali di geografia

Ecco le tabelle e i materiali che alcuni volenterosi di voi mi hanno invitato. Per l'interrogazione facciamo riferimento alla prima tabella , quella di Valentina che ho modificato (parti in verde). A quella di Matteo Raccone ho aggiunto i dati dell'Italia (1996) che andrebbero studiati.
Buon lavoro

--
Il professore

lunedì 1 marzo 2010

Preparatevi al colpo di genio

Non mi nascondo.
Quando stasera (e ormai era quasi notte) mi sono apprestato a preparare il compito di domani, niente poteva farmi presagire che sarei stato sfiorato dall'ala del genio.
E' stata come un'epifania (non c'entra la befana).
Non vi posso dire nulla per non rovinarvi la sorpresa.
Dormite tranquilli, sapendo che la grandezza mi ha fatto visita e ha lasciato un dono per voi.

Νοττε

Ιλ προφεσσορε

venerdì 26 febbraio 2010

Compito di italiano per lunedì

Vi posto un documento sugli attacchi o lead più frequenti. La scaricate qui o nell'archivio di italiano. Il vostro compito è di scegliere almeno 7 articoli di varie sezioni del giornale e di individuare che tipo di attacco presentano. Potete procedere in due modi:
-ritagliare i lead di articoli da un giornale qualsiasi (nazionale mi raccomando);
-andare a cercare gli articoli sul sito del corriere e de Lça repubblica, copiare e incollare (ctrl+ C; ctrl+V) gli attacchi su un foglio di word e scrivere a quale tipo fanno riferimento.
Spero di essere stato chiaro. Se non lo fossi stato vedremo lunedì di chiarire.
Buon lavoro.

Il professor

martedì 23 febbraio 2010

Appunti sul discorso indiretto libero e altre tipologie di discorso

Alcune definizioni
1. Il discorso indiretto libero (o erlebte Rede, dal tedesco) è una variante del discorso indiretto che fonde le modalità del discorso diretto e di quello indiretto in una forma ibrida. Esso è discorso indiretto in quanto passa attraverso la mediazione del soggetto riferente che però mantiene stilemi, cioè quegli elementi caratteristici che sono il tratto distintivo dello stile di uno scrittore o di un testo, e strutture grammaticali del discorso diretto. (Wikipedia)
2. È un “discorso rivissuto” in cui il verbo reggente scompare (per esempio “chiese di” oppure “rispose che”), per lasciare che sia la voce del personaggio – di cui si assume direttamente il punto di vista – a parlare. Questo espediente narrativo riproduce la naturalità del parlante, rendendo possibile l’interferenza tra voci diverse e consentendo all’autore di diventare invisibile. (fonte: http://www.letteraturaitalianaonline.com/tiki-index.php?page=Discorso+indiretto+libero)
3. DISCORSO INDIRETTO LIBERO. Riferisce i discorsi di un personaggio, mediante un narratore, senza introdurli con l'ausilio dei verbi dichiarativi.
4. Discorso indiretto
a) discorso indiretto: al contrario del discorso diretto non comunica pensieri e parole direttamente, ma in forma, appunto indiretta.
Prendiamo la frase di prima.
Alessandro disse: “Non c’è neve sulle piste da sci” (discorso diretto)
Alessandro le disse che non c’era neve sulle piste da sci. (discorso indiretto)
b) discorso indiretto legato: quando è introdotto dal verbo 'dire' o da un suo sinonimo.
c) discorso indiretto libero: quando manca il verbo 'dire' o un suo sinonimo. In tal caso diventa a volte piuttosto difficile individuare l'inizio del discorso, cioè quando il narratore passa da una focalizzazione esterna ad una focalizzazione interna al personaggio.
Fonte: http://spazioinwind.libero.it/terzotriennio/letterat/discorso.htm



Il discorso indiretto libero in Giovanni Verga [modifica]
Il discorso indiretto libero in Mastro Don Gesualdo [modifica]
Nel monologo interiore al capitolo IV di Mastro-don Gesualdo, dove Gesualdo rievoca la sua storia, vi è un esempio molto rappresentativo di discorso indiretto libero: "Egli invece non aveva sonno. Si sentiva allargare il cuore. Gli venivano tanti ricordi piacevoli. Ne aveva portate delle pietre sulle spalle, prima di fabbricare quel magazzino! E ne aveva passati dei giorni senza pane, prima di possedere tutta quella roba!".[11]
In questa parte del testo, fino a "gli venivano tanti ricordi piacevoli", il discorso è del narratore che descrive, rimanendo all'esterno, lo stato d'animo di Gesualdo, mentre subito dopo inizia, pronunciato mentalmente, il discorso del personaggio con un passaggio che non si avverte ed che è talmente vicino al discorso diretto da conservarne tutte le sfumature e i modi di dire caratteristici del personaggio.
Il discorso indiretto libero in I Malavoglia [modifica]
Ne I Malavoglia il discorso indiretto libero riferisce non solo i discorsi di singoli personaggi ma anche parole di un imprecisato parlante, che coincide con la collettività del paese, con gli occhi del quale sono visti i fatti.
Nel III capitolo si legge: "Dopo la mezzanotte il vento s'era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese (... ). Il mare si udiva muggire attorno ai faraglioni, che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di sant'Alfio... ", dove è evidente che il discorso non fa altro che riprodurre il tipico modo di esprimersi dei pescatori di Aci Trezza e che non è un solo personaggio che parla.
Le parole riportate sono infatti quelle della collettività e non di un preciso personaggio, per cui la "voce" che racconta non è quella dell'autore esterno ai fatti con la sua cultura e il suo linguaggio, ma una voce popolare interna al mondo rappresentato, in cui l'autore scompare.
Mentre nei Malavoglia è difficile certe volte stabilire se il discorso appartiene al narratore o ad un personaggio, questo non avviene nel discorso indiretto libero "ortodosso" dove risulta evidente che viene riportato un discorso preciso, pronunciato o pensato da un particolare personaggio, riuscendo così a distinguere dove questo ha inizio e dove termina il discorso del narratore.
Nei Malavoglia pertanto la confusione tra narratore e personaggi serve a far risaltare che il narratore è all'interno del mondo rappresentato rendendo così maggiormente evidente che quella realtà "si racconti da sé".
Il discorso indiretto libero è uno strumento narrativo diffusissimo nell'area del romanzo otto-novecentesco e viene pertanto a costituire una struttura alternativa rispetto al discorso diretto o indiretto, che ha lo scopo di rendere più vivace lo stile.

Esempi di discorso indiretto libero: “Si ricordava ancora che aspetto avesse il mondo? Sì, certo aveva tanti bei ricordi del tempo in cui ci vedeva.” E’ la trasposizione in indiretto libero delle frasi, pronunciate dallo stesso narratore-protagonista e dal suo interlocutore, il ragazzo cieco, “Ti ricordi ancora che aspetto ha il mondo? Sì, certo, ho tanti bei ricordi del tempo in cui ci vedevo”.
Fonte:
ssg.unifi.it%2Fdip%2Fmateriali%2F2320%2Flezione%25207B.doc&ei=Z5VoS6CvEKPcmgPhvY23Bg&usg=AFQjCNHIOKvt5t6nmZlC_0aG5lVXZKnytg&sig2=JwMmMe60Ys_iFByIedU9Vg

Megalopoli e metropoli

Fonte: wikipedia

Il termine megalopoli deriva da un'antica cittadina greca in Arcadia (Peloponneso) e fu ripreso da Jean Gottmann, uno studioso di geografia, nel 1957.
Alle megalopoli i geografi riconoscono qualità urbane più evolute, derivanti dalla grandissima concentrazione di funzioni e azioni sempre più specializzate. Nella definizione originaria di Gottmann, essa ha una struttura polinucleare, specializzata e a "nebulosa", con una popolazione complessiva di almeno 20 milioni di abitanti e non presuppone un continuum edificato, ma include al proprio interno anche aree agricole e foreste.
Il primo caso di megalopoli fu studiato infatti dal Gottmann lungo la fascia costiera urbanizzata nord-orientale degli Stati Uniti d'America che si estende da Boston a Washington D.C.. Questa è l'area di più antica urbanizzazione degli Stati Uniti, che corrisponde all'incirca al territorio delle originarie colonie fondatrici della grande nazione americana. In essa si concentrano, nei suoi centri urbani principali come New York, Washington, Baltimora, Filadelfia, Boston, funzioni altamente evolute e specializzate proprie della società postindustriale. Si crea in questo modo una nuova forma di agglomerato urbano continuo, in cui la successione di queste aree metropolitane viene divisa solo da piccole zone boschive, che si frappongono simbolicamente alla continuità dell’urbano. Sempre secondo le teorie di Gottmann questa particolare area dell’America del nord andava a formare un grande agglomerato urbano con 40 milioni di abitanti e con una estensione di 700 km;
Altre megalopoli furono di seguito identificate e analizzate da altri studiosi negli anni Sessanta e Settanta: Kostantinos Apostolos Doxiadis studiò la megalopoli dei Grandi Laghi, Peter Hall la megalopoli inglese, Isomura e altri la megalopoli giapponese del Tokaido, altri studiosi italiani la megalopoli mediterranea.
Più di recente una megalopoli fu riconosciuta nel conglomerato urbano popolato da diverse decine di milioni di abitanti che si espande su un vastissimo territorio, da Londra, in Inghilterra al nord-Italia, passando per il Benelux, il conglomerato svizzero Ginevra-Berna-Zurigo, ed il bacino tedesco della Ruhr. Questa entità geografica è stata chiamata "dorsale europea", a causa della posizione centrale nel continente, o, da Roger Brunet all'inizio degli anni '90, "Banana blu" per via della forma con cui appare nelle immagini satellitari. Molti studiosi allargano concettualmente le propaggini dell'area metropolitana interessata fino alle Midlands Occidentali inglesi, alla Francia settentrionale e Francoforte.
La super-regione europea costituisce il motore politico ed economico dell'Unione europea e domina le zone periferiche, meno dinamiche in termini demografici.



Metropoli
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Una metropoli (in greco antico metèr = madre e polis = città/popolazione) è una città di grandi dimensioni la cui area metropolitana si aggira intorno o supera il milione di abitanti, centro economico e culturale di una regione o di un paese e spesso nodo di comunicazioni internazionali.
Nell'antica Grecia il termine veniva usato nelle colonie per riferirsi alla città da cui dipendevano, successivamente, in latino la parola venne a designare il capoluogo di una provincia o di un'arcidiocesi importante, sede di provincia ecclesiastica.
Nell'uso moderno la parola può designare un'area metropolitana, un insieme di città interconnesse intorno ad un centro maggiore. Il termine "metropolitano" significa dunque che interessa l'intera metropoli, proprio della metropoli, in contrapposizione a ciò che è esterno, provinciale.
In francese e portoghese, la parola sta a identificare la porzione di territorio del paese sul continente europeo, in opposizione ai territori d'oltremare.
Metropoli italiane [modifica]
In Italia sono tre le città con popolazione residente superiore al milione di abitanti: Roma, Milano e Napoli. Diventano 4 includendo Torino, che ha una residenza di popolazione di poco inferiore al milione. Di fatto la nozione di metropoli, come città di oltre 1 milione di abitanti, non coincide con quella, più ampia, di città metropolitana definita dall'art. 114 della Costituzione della Repubblica italiana, tenendo conto di dati demografici urbanistici ed amministrativi. Sono 9 le definite aree metropolitane, comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, insieme si rispettivi insediamenti limitrofi, con cui intercorrono rapporti di stretta integrazione territoriale e relativi ad attività economiche, servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali[1]. Le tre principali metropoli italiane, come aree metropolitane di Roma, Milano e Napoli, ascendono ad una popolazione che supera i 3 milioni di abitanti.[2].

lunedì 25 gennaio 2010

Il mio compagno di banco

Ecco qui i vostri lavori.
Buona lettura

mercoledì 20 gennaio 2010

Il premio per un buon lavoro

Mi permetto di pubblicare, pur in assenza del previo consenso degli autori, i lavori sui personaggi de "La lupa" di Giovanni Verga.
Ringrazio e mi congratulo con quelli che mi hanno mandato i loro elaborati ieri.
Nel documento allegato li trovate in ordine alfabetico.
Buona lettura

lunedì 11 gennaio 2010

Qualcosa di Friedrich Glauser da Wikipedia

Friedrich Glauser
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Friedrich Glauser a Nervi.

Friedrich Glauser (Vienna, 4 febbraio 1896 – Nervi, 8 dicembre 1938) è stato uno scrittore svizzero di lingua tedesca.
Indice


* 1 Biografia
* 2 Opere
* 3 Poetica
* 4 Altri progetti
* 5 Collegamenti esterni

Biografia

Ebbe una vita breve e turbolenta: nella giovinezza studiò tre anni in riformatorio dopo averne passati altrettanti al ginnasio di Vienna. Si iscrisse ad un collegio di Ginevra ma venne espulso. Dopo essersi diplomato a Zurigo, fuggì di casa nel 1921 e si arruolò nella Legione Straniera.
Visse il resto della sua intensa vita in un continuo viaggio per l'Europa (minatore in Belgio, infermiere a Charleroi, nell'avanguardia a Parigi, aiuto-giardiniere in Svizzera). Di indole ribelle frequentò ospizi, case-alloggio per giovani disagiati e manicomi, luoghi dai quali trasse spunto per molti dei suoi romanzi. Fu internato diverse volte in quanto tossicodipendente da morfina.

Opere

La sua opera letteraria risulta divisibile in due filoni distinti: da un lato quello poliziesco legato alla figura del Wachtmeister Studer (1936; Il sergente Studer) e che, oltre al richiamato romanzo, conta tra le sue opere Matto regiert (1936; Il regno di Matto), Die Fieberkurve (1938; Il grafico della febbre), Der Chinese (1939; Il cinese), Krock & Co(1941), Wachtmeister Studer erste Fälle (1986; I primi casi del sergente Studer), mentre dall'altro romanzi autobiografici quali Gourrama (1940), Dada, Ascona und andere Erinnerungen (1976; Dada, Ascona e altri ricordi), Morphium (1970, Morfina), Hinter Mauern (1991, Oltre il muro).
Un ibrido tra le due tendenze è presente nel romanzo Der Tee der drei alten Damen (1941; Il tè delle tre vecchie signore) dove, su uno sfondo poliziesco, a elementi paranormali si fondono elementi autobiografici.

Poetica

Presentato come il "Simenon svizzero" dal suo editore zurighese, ha in comune con lo scrittore belga l'attenzione al doloroso confronto umano che è generato dal delitto e la meticolosa investigazione del "quid" che spinge una persona normale a uscire dalla società civile rendendosi colpevole di un omicidio.
Sfondo dei suoi romanzi polizieschi è la provincia svizzera di inizio secolo, di cui non esita a denunciare la brutale burocratizzazione di ogni aspetto della vita.
Altri progetti [modifica]

venerdì 8 gennaio 2010

Domani a casa

Ufficiale: domani sabato 9 gennaio 2010 scuole chiuse in base a un'ordinanza del Comune di Tortona.
Ho avuto comunicazione dal vicario Agosti.
Buon riposo e buona neve


Il professore