venerdì 26 febbraio 2010

Compito di italiano per lunedì

Vi posto un documento sugli attacchi o lead più frequenti. La scaricate qui o nell'archivio di italiano. Il vostro compito è di scegliere almeno 7 articoli di varie sezioni del giornale e di individuare che tipo di attacco presentano. Potete procedere in due modi:
-ritagliare i lead di articoli da un giornale qualsiasi (nazionale mi raccomando);
-andare a cercare gli articoli sul sito del corriere e de Lça repubblica, copiare e incollare (ctrl+ C; ctrl+V) gli attacchi su un foglio di word e scrivere a quale tipo fanno riferimento.
Spero di essere stato chiaro. Se non lo fossi stato vedremo lunedì di chiarire.
Buon lavoro.

Il professor

martedì 23 febbraio 2010

Appunti sul discorso indiretto libero e altre tipologie di discorso

Alcune definizioni
1. Il discorso indiretto libero (o erlebte Rede, dal tedesco) è una variante del discorso indiretto che fonde le modalità del discorso diretto e di quello indiretto in una forma ibrida. Esso è discorso indiretto in quanto passa attraverso la mediazione del soggetto riferente che però mantiene stilemi, cioè quegli elementi caratteristici che sono il tratto distintivo dello stile di uno scrittore o di un testo, e strutture grammaticali del discorso diretto. (Wikipedia)
2. È un “discorso rivissuto” in cui il verbo reggente scompare (per esempio “chiese di” oppure “rispose che”), per lasciare che sia la voce del personaggio – di cui si assume direttamente il punto di vista – a parlare. Questo espediente narrativo riproduce la naturalità del parlante, rendendo possibile l’interferenza tra voci diverse e consentendo all’autore di diventare invisibile. (fonte: http://www.letteraturaitalianaonline.com/tiki-index.php?page=Discorso+indiretto+libero)
3. DISCORSO INDIRETTO LIBERO. Riferisce i discorsi di un personaggio, mediante un narratore, senza introdurli con l'ausilio dei verbi dichiarativi.
4. Discorso indiretto
a) discorso indiretto: al contrario del discorso diretto non comunica pensieri e parole direttamente, ma in forma, appunto indiretta.
Prendiamo la frase di prima.
Alessandro disse: “Non c’è neve sulle piste da sci” (discorso diretto)
Alessandro le disse che non c’era neve sulle piste da sci. (discorso indiretto)
b) discorso indiretto legato: quando è introdotto dal verbo 'dire' o da un suo sinonimo.
c) discorso indiretto libero: quando manca il verbo 'dire' o un suo sinonimo. In tal caso diventa a volte piuttosto difficile individuare l'inizio del discorso, cioè quando il narratore passa da una focalizzazione esterna ad una focalizzazione interna al personaggio.
Fonte: http://spazioinwind.libero.it/terzotriennio/letterat/discorso.htm



Il discorso indiretto libero in Giovanni Verga [modifica]
Il discorso indiretto libero in Mastro Don Gesualdo [modifica]
Nel monologo interiore al capitolo IV di Mastro-don Gesualdo, dove Gesualdo rievoca la sua storia, vi è un esempio molto rappresentativo di discorso indiretto libero: "Egli invece non aveva sonno. Si sentiva allargare il cuore. Gli venivano tanti ricordi piacevoli. Ne aveva portate delle pietre sulle spalle, prima di fabbricare quel magazzino! E ne aveva passati dei giorni senza pane, prima di possedere tutta quella roba!".[11]
In questa parte del testo, fino a "gli venivano tanti ricordi piacevoli", il discorso è del narratore che descrive, rimanendo all'esterno, lo stato d'animo di Gesualdo, mentre subito dopo inizia, pronunciato mentalmente, il discorso del personaggio con un passaggio che non si avverte ed che è talmente vicino al discorso diretto da conservarne tutte le sfumature e i modi di dire caratteristici del personaggio.
Il discorso indiretto libero in I Malavoglia [modifica]
Ne I Malavoglia il discorso indiretto libero riferisce non solo i discorsi di singoli personaggi ma anche parole di un imprecisato parlante, che coincide con la collettività del paese, con gli occhi del quale sono visti i fatti.
Nel III capitolo si legge: "Dopo la mezzanotte il vento s'era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese (... ). Il mare si udiva muggire attorno ai faraglioni, che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di sant'Alfio... ", dove è evidente che il discorso non fa altro che riprodurre il tipico modo di esprimersi dei pescatori di Aci Trezza e che non è un solo personaggio che parla.
Le parole riportate sono infatti quelle della collettività e non di un preciso personaggio, per cui la "voce" che racconta non è quella dell'autore esterno ai fatti con la sua cultura e il suo linguaggio, ma una voce popolare interna al mondo rappresentato, in cui l'autore scompare.
Mentre nei Malavoglia è difficile certe volte stabilire se il discorso appartiene al narratore o ad un personaggio, questo non avviene nel discorso indiretto libero "ortodosso" dove risulta evidente che viene riportato un discorso preciso, pronunciato o pensato da un particolare personaggio, riuscendo così a distinguere dove questo ha inizio e dove termina il discorso del narratore.
Nei Malavoglia pertanto la confusione tra narratore e personaggi serve a far risaltare che il narratore è all'interno del mondo rappresentato rendendo così maggiormente evidente che quella realtà "si racconti da sé".
Il discorso indiretto libero è uno strumento narrativo diffusissimo nell'area del romanzo otto-novecentesco e viene pertanto a costituire una struttura alternativa rispetto al discorso diretto o indiretto, che ha lo scopo di rendere più vivace lo stile.

Esempi di discorso indiretto libero: “Si ricordava ancora che aspetto avesse il mondo? Sì, certo aveva tanti bei ricordi del tempo in cui ci vedeva.” E’ la trasposizione in indiretto libero delle frasi, pronunciate dallo stesso narratore-protagonista e dal suo interlocutore, il ragazzo cieco, “Ti ricordi ancora che aspetto ha il mondo? Sì, certo, ho tanti bei ricordi del tempo in cui ci vedevo”.
Fonte:
ssg.unifi.it%2Fdip%2Fmateriali%2F2320%2Flezione%25207B.doc&ei=Z5VoS6CvEKPcmgPhvY23Bg&usg=AFQjCNHIOKvt5t6nmZlC_0aG5lVXZKnytg&sig2=JwMmMe60Ys_iFByIedU9Vg

Megalopoli e metropoli

Fonte: wikipedia

Il termine megalopoli deriva da un'antica cittadina greca in Arcadia (Peloponneso) e fu ripreso da Jean Gottmann, uno studioso di geografia, nel 1957.
Alle megalopoli i geografi riconoscono qualità urbane più evolute, derivanti dalla grandissima concentrazione di funzioni e azioni sempre più specializzate. Nella definizione originaria di Gottmann, essa ha una struttura polinucleare, specializzata e a "nebulosa", con una popolazione complessiva di almeno 20 milioni di abitanti e non presuppone un continuum edificato, ma include al proprio interno anche aree agricole e foreste.
Il primo caso di megalopoli fu studiato infatti dal Gottmann lungo la fascia costiera urbanizzata nord-orientale degli Stati Uniti d'America che si estende da Boston a Washington D.C.. Questa è l'area di più antica urbanizzazione degli Stati Uniti, che corrisponde all'incirca al territorio delle originarie colonie fondatrici della grande nazione americana. In essa si concentrano, nei suoi centri urbani principali come New York, Washington, Baltimora, Filadelfia, Boston, funzioni altamente evolute e specializzate proprie della società postindustriale. Si crea in questo modo una nuova forma di agglomerato urbano continuo, in cui la successione di queste aree metropolitane viene divisa solo da piccole zone boschive, che si frappongono simbolicamente alla continuità dell’urbano. Sempre secondo le teorie di Gottmann questa particolare area dell’America del nord andava a formare un grande agglomerato urbano con 40 milioni di abitanti e con una estensione di 700 km;
Altre megalopoli furono di seguito identificate e analizzate da altri studiosi negli anni Sessanta e Settanta: Kostantinos Apostolos Doxiadis studiò la megalopoli dei Grandi Laghi, Peter Hall la megalopoli inglese, Isomura e altri la megalopoli giapponese del Tokaido, altri studiosi italiani la megalopoli mediterranea.
Più di recente una megalopoli fu riconosciuta nel conglomerato urbano popolato da diverse decine di milioni di abitanti che si espande su un vastissimo territorio, da Londra, in Inghilterra al nord-Italia, passando per il Benelux, il conglomerato svizzero Ginevra-Berna-Zurigo, ed il bacino tedesco della Ruhr. Questa entità geografica è stata chiamata "dorsale europea", a causa della posizione centrale nel continente, o, da Roger Brunet all'inizio degli anni '90, "Banana blu" per via della forma con cui appare nelle immagini satellitari. Molti studiosi allargano concettualmente le propaggini dell'area metropolitana interessata fino alle Midlands Occidentali inglesi, alla Francia settentrionale e Francoforte.
La super-regione europea costituisce il motore politico ed economico dell'Unione europea e domina le zone periferiche, meno dinamiche in termini demografici.



Metropoli
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Una metropoli (in greco antico metèr = madre e polis = città/popolazione) è una città di grandi dimensioni la cui area metropolitana si aggira intorno o supera il milione di abitanti, centro economico e culturale di una regione o di un paese e spesso nodo di comunicazioni internazionali.
Nell'antica Grecia il termine veniva usato nelle colonie per riferirsi alla città da cui dipendevano, successivamente, in latino la parola venne a designare il capoluogo di una provincia o di un'arcidiocesi importante, sede di provincia ecclesiastica.
Nell'uso moderno la parola può designare un'area metropolitana, un insieme di città interconnesse intorno ad un centro maggiore. Il termine "metropolitano" significa dunque che interessa l'intera metropoli, proprio della metropoli, in contrapposizione a ciò che è esterno, provinciale.
In francese e portoghese, la parola sta a identificare la porzione di territorio del paese sul continente europeo, in opposizione ai territori d'oltremare.
Metropoli italiane [modifica]
In Italia sono tre le città con popolazione residente superiore al milione di abitanti: Roma, Milano e Napoli. Diventano 4 includendo Torino, che ha una residenza di popolazione di poco inferiore al milione. Di fatto la nozione di metropoli, come città di oltre 1 milione di abitanti, non coincide con quella, più ampia, di città metropolitana definita dall'art. 114 della Costituzione della Repubblica italiana, tenendo conto di dati demografici urbanistici ed amministrativi. Sono 9 le definite aree metropolitane, comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, insieme si rispettivi insediamenti limitrofi, con cui intercorrono rapporti di stretta integrazione territoriale e relativi ad attività economiche, servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali[1]. Le tre principali metropoli italiane, come aree metropolitane di Roma, Milano e Napoli, ascendono ad una popolazione che supera i 3 milioni di abitanti.[2].