lunedì 15 marzo 2010

Materiali su Alessandro Magno

Vi segnalo alcuni materiali di autori che in epoche diverse e con diversi gradi di arte hanno celebrato la figura di Alessandro.
In ordine trovate:
1. Alexandros di Giovanni Pascoli;
2. "Alessandro e il mare", "Canzone per Sergio" e "l'ultimo spettacolo" di Roberto Vecchioni
3. Iron Maden, Alexander the Great (by Raccone che ringrazio)
4. Le fonti storiche antiche (da Wikipedia)

Una nota necessita per le canzoni di Vecchioni: mentre nella prima è esplicito il riferimento ad Alessandro, nelle altre ci sono alcuni passaggi allusivi che vi sfido a trovare.
Attenti: se parte in automatico la musica di "Canzone per Sergio" scendete nel post e trovate un piccolo box di Dada: in questo clikkate sula pausa e si interrompe magicamente.

Buon ascolto

1. Pascoli
I
- Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell'aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla,
o Pezetèri: errante e solitaria
terra, inaccessa. Dall'ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria,
l'ultimo fiume Oceano senz'onda.
O venuti dall'Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda
dentro la notte fulgida del cielo.

II
Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorìo, che resta.
Montagne che varcai! dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidïate.
Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:
il sogno è l'infinita ombra del Vero.

III
Oh! più felice, quanto più cammino
m'era d'innanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti
notturno il campo, con le mille schiere,
e i carri oscuri e gl'infiniti armenti.
A Pella! quando nelle lunghe sere
inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole; il sole che tra selve nere,
sempre più lungi, ardea come un tesoro.

IV
Figlio d'Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l'auleta:
soffio possente d'un fatale andare,
oltre la morte; e m'è nel cuor, presente
come in conchiglia murmure di mare.
O squillo acuto, o spirito possente,
che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l'Oceano, il Niente...
e il canto passa ed oltre noi dilegua. -

V
E così, piange, poi che giunse anelo:
piange dall'occhio nero come morte;
piange dall'occhio azzurro come cielo.
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell'occhio nero lo sperar, più vano;
nell'occhio azzurro il desiar, più forte.
Egli ode belve fremere lontano,
egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell'immenso piano,
come trotto di mandre d'elefanti.

VI
In tanto nell'Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.
A tarda notte, tra le industri ancelle,
torcono il fuso con le ceree dita;
e il vento passa e passano le stelle.
Olympiàs in un sogno smarrita
ascolta il lungo favellìo d'un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita
le grandi quercie bisbigliar sul monte.

Pascoli, Poemi conviviali, Alexandros

2. Vecchioni
Roberto Vecchioni, Alessandro e il mare
Album: Milady (1989)

Il tramonto era pieno di soldati ubriachi di futuro
fra i dadi le bestemmie e il sogno di un letto più sicuro;
ma quando lui usciva dalla tenda non osavano
nemmeno guardare:
sapevano che c'era la sua ombra sola davanti al mare.
Poi l'alba era tutta un fumo di cavalli,
gridi e risate nuove;
dove si va, passato il Gange,
Generale, parla, dicci solo dove:
e lui usciva dalla tenda bello come la mattina il sole:
come in una lontana leggenda,
perduta chissà dove...

tornava bambino,
e tornava bambino,
quando stava da solo a giocare nei viali
di un immenso giardino;
la fontana coi pesci
dai riflessi d'argento,
che poteva soltanto guardarla,
mai buttarcisi dentro.

Non un capello fuori posto
mentre entrava a cavallo nel mare,
e il cuore, il cuore gli batteva addosso
come a una donna che si va a sposare;
e tutti lo seguirono cantando
senza nemmeno sospettare,
e gli andarono dietro contenti
di dover annegare.

tornava bambino,
e tornava bambino,
quando stava da solo a giocare nei viali
di un immenso giardino;
la fontana coi pesci
dai riflessi d'argento
che poteva solo guardarla
mai buttarcisi dentro.

E mentre si voltava indietro
non aveva niente da vedere;
e mentre si guardava avanti
niente da voler sapere;
ma il tempo di tutta una vita
non valeva quel solo momento:
Alessandro, così grande fuori,
così piccolo dentro.




Roberto Vecchioni, L'ultimo spettacolo
Album: Samarcanda 1977

Ascolta,
ti ricordi quando venne
la nave del fenicio a portar via
me, con tutta la voglia di cantare
gli uomini, il mondo, e farne poesia...
Con l'occhio azzurro io ti salutavo
con quello blu io già ti rimpiangevo
e l'albero tremava e vidi terra,
i greci, i fuochi e l'infinita guerra...

Li vidi ad uno ad uno
mentre aprivano la mano
e mi mostravano la sorte
come a dire: "Noi scegliamo,
non c'è un dio che sia più forte".
E l'ombra nera che passò
ridendo ripeteva: "no..."

Ascolta,
ero partito per cantare
uomini grandi dietro grandi scudi
e ho visto uomini piccoli ammazzare
piccoli, goffi, disperati e nudi...
Laggiù conobbi pure un vecchio aedo
che si accecò per rimaner nel sogno
con l'occhio azzurro invece ho visto e vedo,
con l'occhio blu mi volto e ti ricordo...

Ma tu non mi parlavi
e le mie idee come ramarri
ritiravano la testa dentro il muro
quando è tardi
perché è freddo, perché è scuro
e mille solitudini
e i buchi per nascondersi...

Ho visto fra le lampade un amore:
e lui che fece stendere sul letto
l'amico con due spade dentro il cuore,
e gli baciò piangendo il viso e il petto...
E son tornato per vederti andare
e mentre parti e mi saluti in fretta
fra tutte le parole che puoi dire
mi chiedi: "Me la dai una sigaretta?"

Io di Muratti, mi dispiace, non ne ho
il marciapiede per Torino, sì lo so
ma un conto è stare a farti un po' di compagnia,
altro aspettare che il treno vada via:
perché t'aiuto io ad andare non lo sai,
sì, questo a chi si lascia non succede mai,
ma non ti ho mai considerata roba mia,
io ho le mie favole, e tu una storia tua.

Ma tu non mi parlavi
e le mie idee come ramarri
ritiravano la testa
dentro il muro, quando è tardi
perché è freddo, perché è scuro...
E ancora solitudini
e buchi per nascondersi...

E non si è soli quando un altro ti ha lasciato,
si è soli se qualcuno non è mai venuto
però scendendo perdo i pezzi per le scale
e chi ci passa su non sa di farmi male:
ma non venite a dirmi
adesso lascia stare
o che la lotta deve continuare
perché se questa storia fosse una canzone
con una fine mia
tu non andresti via.




Roberto Vecchioni, Canzone per Sergio
Album: Samarcanda 1977


Il ladro di cavalli non era lui,
ma fu impiccato per comodità
e l'uomo di profilo non si bastò
partì cercando l'altra sua metà
il capitano Achab non torna più
dal viaggio contro l'impossibile...
Oh Sergio, non ho tempo di scriverti,
ma, d'altra parte, non ti ho scritto mai
e come ti potevo sorridere?
Erano stati tutti amici miei.

A volte sentono che bussano:
non è niente, niente, niente;
non sono loro che tornano:
solo vento, vento, vento...
Ne avrò di tempo per amare
prima che entri lei?

Il grande orologiaio non passa più
e gli orologi li aggiustiamo noi;
adesso costruiamo le macchine,
vedessi, come sono belle, sai;
a volte c'incontriamo sugli argini,
e ci contiamo, e manchi sempre tu...
Oh, Sergio, non ho tempo di scriverti,
ma d'altra parte non ti ho scritto mai,
oh, sì, di cose qui ne succedono
ma ci illudiamo d'inventarle noi

Siamo un passaggio di allodole:
con un colpo andiamo giù;
mentre cerchiamo di scegliere
se volare a nord o a sud...
E gli anni indietro, e gli anni ,Sergio,
e quando c'eri tu...

Il tempo mischia bene le bibite
gli imperativi e quel che mando giù
qualcuno vede ancora negli occhi miei
quel che gli specchi non rifletton più:
si spezza la collana, le idee van gi&ugrve;,
stan rotolando un po' di qua e di là
e tutti a dirmi come raccoglierle,
non c'è nessuno qui che non lo sa;
non riesco a immaginarmi di vivere
illuminato dalla verità,
la risposta nel vento dov'è, dov'è?
Sarà la stessa per ognuno di noi?
Oh , Sergio, non ho tempo di scriverti,
ma un giorno o l'altro mi rincontrerai.

Ci appoggeremo sui gomiti
quando il sole viene giù,
mi accadrà di sorridere,
come non speravo più...
E l'occhio azzurro avrà un momento
uguale all'occhio blu...




3. Iron Maden, The song for the Alexander the Great (1986)




testo:

"My son, ask for thyself another kingdom,



For that which I leave is to small for thee."


Near to the East, in a part of ancient Greece,

In an ancient land called Macedonia,

Was born a son to Philip of Macedon,

The legend his name was Alexander.


At the age of nineteen, he became the Macedon king,

And swore to free all of Asia Minor,

By the Aegian Sea in 334 BC,

He utterly beat the armies of Persia.


Chorus:

Alexander the Great,

His name struck fear into hearts of men,

Alexander the Great,

Became a legend 'mongst mortal men.


King Darius the third, Defeated fled Persia,

The Scythians fell by the river Jaxartes,

Then Egypt fell to the Macedon king as well,

And he founded the city called Alexandria.


By the Tigris river, he met King Darius again,

And crushed him again in the battle of Arbela,

Entering Babylon and Susa, treasures he found,

Took Persepolis, the capital of Persia.


Chorus:

Alexander the Great,

His name struck fear into hearts of men,

Alexander the Great,

Became a god amongst mortal men.


A Phrygian King had bound a chariot yoke,

And Alexander cut the "Gordion knot",

And legend said that who untied the knot,

He would become the master of Asia.


Helonism he spread far and wide,

The Macedonian learned mind,

Their culture was a western way of life,

He paved the way for Christianity.


Marching on, Marching on.


The battle weary marching side by side,

Alexander's army line by line,

They wouldn't follow him to India,

Tired of the combat, pain and the glory.


Chorus:

Alexander the Great,

His name struck fear into hearts of men,

Alexander the Great,

He died of fever in Babylon


traduzione:
Mio figlio chiederà per te un altro regno,
Perchè quello che gli lascerò
Sarà troppo piccolo per te

Vicino ad est
In una zona della Grecia antica
In una antica terra chiamata Macedonia
Nacque una figlio
A Filippo di Macedonia
La leggenda vuole che il suo
Nome fosse Alessandro

All'età di diciannove anni
Divenne il re di Macedonia
E giurò di liberare tutta l'Asia Minore
E sul mare Egeo, nel 334 a.C.
Sconfisse completamente gli eserciti persiani

Alessandro il Grande
Il suo nome terrorizzava il cuore degli uomini
Alessandro il Grande
Divenne una leggenda tra i comuni mortali

Re Dario III
Sconfitto, lasciò la Persia
Gli Sciti caddero sul fiume Jaxartes
E cadde anche l'Egitto sotto il re macedone
E lui fondò la città chiamata Alessandria

Sul fiume Tigri
Incontrò ancora Dario
E nuovamente lo schiacciò
Nella battaglia di Arbela
Entrando il Babilonia e in Susa, trovò tesori
Prese anche Persepoli, la capitale della Persia

Alessandro il Grande
Il suo nome terrorizzava il cuore degli uomini
Alessandro il Grande
Divenne una leggenda tra i comuni mortali

Un re della Frigia aveva legato un giogo al carro
E Alessandro tagliò il "Nodo Gordiano"
E la leggenda diceva che
Chi avrebbe sciolto il nodo
Sarebbe diventato il signore dell'Asia

Fece diffondere l'Ellenismo in lungo e in largo
I Macedoni studiarono la mente
La loro cultura fu uno stile di vita occidentale
Spianò la strada al Cristianesimo

Marciando, marciando.

Sfiniti dalla guerra, marciando fianco a fianco
I combattenti di Alessandro in fila
Non lo vollero seguire fino all'India
Stanchi del combattimento,
Del dolore e della gloria

Alessandro il Grande
Il suo nome terrorizzava il cuore degli uomini
Alessandro il Grande
Morì di febbre in Babilonia.

4. Fonti storiche antiche

Le fonti storiche su Alessandro sono piuttosto numerose. Conosciamo l'esistenza di resoconti del suo storico di corte Callistene, del suo generale Tolomeo e del suo architetto militare Aristobulo, oltre che, poco dopo, di Clitarco di Alessandria, i quali sono andati perduti.

I principali storici che successivamente trattarono delle sue vicende sono:

* Flavio Arriano, storico di Nicomedia (Anabasis Alexandri, ovvero Le campagne di Alessandro, scritto in greco e di carattere prevalentemente militare);
* Quinto Curzio Rufo, storico romano (Historiae Alexandri Magni Macedonis, biografia di Alessandro in dieci libri, mutila dei primi due, in cui l'autore traccia un ritratto non privo di ombre del re macedone assieme alla successiva vicenda dei Diadochi);
* Plutarco di Cheronea, storico greco (Vita Alexandri e due orazioni De Alexandri fortuna e De Alexandri virtute);
* Diodoro Siculo, storico greco (i libri dal XVII al XXI della sua Bibliothekè Historikè coprono le conquiste di Alessandro e la successiva storia dei Diadochi);
* Giustino, storico romano, ci ha invece lasciato un'epitome (o "riassunto") della storia universale di Pompeo Trogo (Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi Libri XLIV).
* Paolo Orosio, storico latino cristiano (Historiarum adversos paganos Libri VII, nelle quali tratta ampiamente di Alessandro nel libro III, tracciandone un ritratto complessivamente negativo).

lunedì 8 marzo 2010

L'epitafio di Pericle per i caduti del primo anno della guerra del Peloponneso. Ovvero: cos'è la democrazia

Quello che state per leggere è un estratto del discorso di Pericle tratto da "La guerra del Peloponneso" di Tucidide. I tagli e le parole evidenziate sono una mia scelta che vuole sottolineare i passaggi più significativi e noti. Tra i documenti della sezione storica trovate sia il testo integrale del discorso che il dialogo tra gli emissari di Atene e gli abitanti dell'isola di Melo che abbiamo letto in classe.
Sono due facce della stessa medaglia, tanto per volare basso nei luoghi comuni.

Tucidide: L’encomio di Pericle
Pericle parla agli Ateniesi
"[...]
Siamo all’inizio della guerra del Peloponneso – Atene è al massimo della sua potenza –; alla fine del primo anno Pericle commemora, secondo la tradizione della città, i caduti ateniesi. Con grande maestria Tucidide utilizza questa occasione per far comprendere al lettore come gli Ateniesi “vivevano” l’éthos della loro città.

Tucidide, Storie, II, 34-36

4 (37) Noi abbiamo una forma di governo che non guarda con invidia le costituzioni dei vicini, e non solo non imitiamo altri, ma anzi siamo noi stessi di esempio a qualcuno. Quanto al nome, essa è chiamata democrazia, poiché è amministrata non già per il bene di poche persone, bensí di una cerchia piú vasta: di fronte alle leggi, però, tutti, nelle private controversie, godono di uguale trattamento; e secondo la considerazione di cui uno gode, poiché in qualche campo si distingue, non tanto per il suo partito, quanto per il suo merito, viene preferito nelle cariche pubbliche; , d’altra parte, la povertà, se uno è in grado di fare qualche cosa di utile alla città, gli è di impedimento per l’oscura sua posizione sociale.
5 Come in piena libertà viviamo nella vita pubblica cosí in quel vicendevole sorvegliarsi che si verifica nelle azioni di ogni giorno, noi non ci sentiamo urtati se uno si comporta a suo gradimento, né gli infliggiamo con il nostro corruccio una molestia che, se non è un castigo vero e proprio, è pur sempre qualche cosa di poco gradito.
6 Noi che serenamente trattiamo i nostri affari privati, quando si tratta degli interessi pubblici abbiamo un’incredibile paura di scendere nell’illegalità: siamo obbedienti a quanti si succedono al governo, ossequienti alle leggi e tra esse in modo speciale a quelle che sono a tutela di chi subisce ingiustizia e a quelle che, pur non trovandosi scritte in alcuna tavola, portano per universale consenso il disonore a chi non le rispetta.
12 (40) Noi amiamo il bello, ma con misura; amiamo la cultura dello spirito, ma senza mollezza. Usiamo la ricchezza piú per l’opportunità che offre all’azione che per sciocco vanto di parola, e non il riconoscere la povertà è vergognoso tra noi, ma piú vergognoso non adoperarsi per fuggirla.
13 Le medesime persone da noi si curano nello stesso tempo e dei loro interessi privati e delle questioni pubbliche: gli altri poi che si dedicano ad attività particolari sono perfetti conoscitori dei problemi politici; poiché il cittadino che di essi assolutamente non si curi siamo i soli a considerarlo non già uomo pacifico, ma addirittura un inutile.
14 Noi stessi o prendiamo decisioni o esaminiamo con cura gli eventi: convinti che non sono le discussioni che danneggiano le azioni, ma il non attingere le necessarie cognizioni per mezzo della discussione prima di venire all’esecuzione di ciò che si deve fare.
17 (41) In una parola, io dico che non solo la città nostra, nel suo complesso, è la scuola dell’Ellade, ma mi pare che in particolare ciascun Ateniese, cresciuto a questa scuola, possa rendere la sua persona adatta alle piú svariate attività, con la maggior destrezza e con decoro, a se stesso bastante."
[...]


Qui sotto invece trovate un audio.
Premessa: il pezzo è rivolto contro una parte politica e in particolare contro un noto personaggio politico. Vi prego di decontestualizzare dall'attualità politica italiana e di considerare invece come un discorso, alato e potente, abbia la forza di attraversare i millenni e gli uomini e di mantenere la sua forza e la sua grandezza.



Se non parte l'audio provate il player sotto

giovedì 4 marzo 2010

martedì 2 marzo 2010

Materiali di geografia

Ecco le tabelle e i materiali che alcuni volenterosi di voi mi hanno invitato. Per l'interrogazione facciamo riferimento alla prima tabella , quella di Valentina che ho modificato (parti in verde). A quella di Matteo Raccone ho aggiunto i dati dell'Italia (1996) che andrebbero studiati.
Buon lavoro

--
Il professore

lunedì 1 marzo 2010

Preparatevi al colpo di genio

Non mi nascondo.
Quando stasera (e ormai era quasi notte) mi sono apprestato a preparare il compito di domani, niente poteva farmi presagire che sarei stato sfiorato dall'ala del genio.
E' stata come un'epifania (non c'entra la befana).
Non vi posso dire nulla per non rovinarvi la sorpresa.
Dormite tranquilli, sapendo che la grandezza mi ha fatto visita e ha lasciato un dono per voi.

Νοττε

Ιλ προφεσσορε